Corona virus: opportunità per cambiare rotta?

Ho pubblicato sul Pannunzio Magazine l'articolo che segue per offrire una "vista" sul corona virus, la vista delle opportunità per gli umani. Eccolo. 

Vorrei riassumere ciò che vedo e sento intorno a me, in questi primi mesi del 2020, con un motto: “il corona virus è la più grande opportunità, mai ricevuta dagli umani, per cambiare rotta”. Cercherò di raccontare questo fenomeno e di farmi capire! Incomincio dai “numeri” dell’epidemia.

I numeri dichiarati ufficialmente

Parto dai media, includendo Internet, che ci mandono, a tutte le ore del giorno, messaggi ricchi di numeri e di racconti, tratti dalla cronaca o da interviste a virologi, scienziati e politici.

Possiamo credere ai numeri che seguono, datati 6 maggio 2020, ora 22:00?         

  • totale contagiati[1] mondo: 3.798.341,
  • totale contagiati Italia: 214.457 (siamo al posto numero 3 per contagiati),
  • totale morti mondo: 262.991,
  • totale morti Italia: 29.684 (siamo al posto numero 4 per morti).

Questi dati aggregati sono raccolti e diffusi da organizzazioni pubbliche e private, che li ottengono, di solito, da istituzioni pubbliche; in Italia è la “protezione civile” che fornisce i dati giornalmente alle ore 18.

Questi dati hanno una credibilità alta perchè provengono da rilevazioni sistematiche e proceduralizzate da parte, soprattutto degli ospedali, che sono regolati dai singoli Stati, siano essi pubblici o privati.

Dobbiamo porci questa domanda: i dati di cui sopra rappresentano e sono la realtà oggettiva dei fatti? La risposta è un chiaro NO, ma questo non deve portarci a pensare che siano una vista distorta o errata: questi dati sono “il meglio” che la società, nel suo complesso, genera e diffonde oggi attraverso i media. E poi c’è ancora un punto molto importante: i numeri ci “parlano” e ci dicono molto solo se li lasciamo parlare! Cioè se li mettiamo in un contesto che dia significato. Analizzerò questo aspetto a breve con una tabella.

Per ora la mia prima riflessione, già solo da questi primi dati, è che:

– ci sono fonti private ed istituzionali che offrono dati; la fonte più seguita è privata;

i dati diffusi NON sono la rappresentazione completa di ciò che è successo e che sta succedendo.

Se andate sul sito della OMS[2] (organizzazione mondiale della sanità, ente dell’ONU) troverete dati molto vicini a quelli che ho segnalato sopra, insieme a valutazioni sui rischi: scoprirete anche che il “mondo” è sotto attacco da parte di agenti patogeni più aggressivi e dannosi del corona virus, anche se i numeri per singola patologia sono minori e la diffusione è contenuta ad aree specifiche.

Che fare allora? Per cercare di capire che cosa stia succedendo ho selezionato alcuni dati e costruito una tabella, essenziale e sintetica, che espongo qui di seguito:

Area

Contagiati

Morti

Popolazione

Contagiati per 100.000 abitanti

Morti per 100.000 abitanti

Mondo

3.798.341

262.991

7.800 mio

50

33

USA

1.252.430

73.711

329 milioni

300

22

UK

201.101

30.076

68 milioni

296

44

Spagna

253.682

25.851

47 milioni

540

55

Italia

214.457

29.684

60 milioni

357

50

Germania

167.575

7.190

84 milioni

200

9

Olanda

41.319

5.204

17 milioni

243

31

Corea del Sud

10.806

255

51 milioni

21

0,5

Tabella 1- stralcio dai dati[3] ufficiali

La situazione attuale nel mondo (vedasi tabella 1), misurata negli ospedali, si può sintetizzare con due numeri: 3,8 milioni di contagiati e 262.000 morti. Tutti i Paesi ne sono colpiti tanto che la OMS ha sancito ufficialmente che si tratta di “pandemia”.   Ci sono luci e ombre sul fronte del trattamento sanitario in concreto; c’è un grande “affanno” sul fronte della sanità pubblica, perchè quasi tutti i Paesi erano impreparati ad affrontare une epidemia così veloce. Il primo sistema ad essere messo in crisi è stato quello della Salute. Gli ospedali, con la sola eccezione della Germania, non erano dotati di sufficienti posti letto di terapia intensiva, cioè quelli con i sistemi meccanici per la respirazione assistita (dal “casco” con ossigenazione forzata, alla “intubazione” del paziente).

Per capire i numeri della tabella 1 è necessario conoscere le strategie dei Paesi, in particolare il “lockdown” (chiusura delle attività produttive e commerciali) e la capacità di operare efficacemente e rapidamente sui focolai d’infezione.

Le informazioni che seguono completano il quadro della tabella 1:

  • Corea del SUD: eccellente la strategia d’individuazione e azione sui focolai d’infezione; i numeri dicono che l’infezione è stata contenuta perchè il tasso di contagio e di morti per 100.000 abitanti è il più basso al mondo (ho escluso la Cina dall’analisi);
  • Germania: eccellente nell’efficienza verso una popolazione di ben 84 milioni di persone; il tasso di mortalità è tra i più bassi al mondo;
  • Spagna: tra i peggiori Paesi al mondo in quanto a controllo del contagio e mortalità;
  • Italia: è stata, dopo la Cina, la prima nazione occidentale ad affrontare, direi in “solitaria”, la sfida del corona virus; ha lanciato un lockdown lungo e “duro” ed è stata in cima alla classifica dei contagi e della mortalità sino a quando è stata superata da USA e Spagna; ha indicato una possibile “strada” a tutti gli altri Paesi del mondo ed è stata elogiata e criticata, al tempo stesso;
  • Olanda: il Governo ha scelto una politica di contrasto basata sul senso di responsabilità della popolazione, procedendo ad un “lockdown”[4] leggero; ha mostrato fiducia, inizialmente,  alla “immunità di gregge”;
  • UK: l’epidemia è ancora in sviluppo per la concomitanza di diversi fattori: decisioni del Governo in ritardo rispetto allo sviluppo dell’epidemia, lockdown morbido (almeno inizialmente), sistema ospedaliero in crisi per carenza di terapie intensive.

Quando sostengo che i dati diffusi ufficialmente non rappresentano la realtà significo che:

  • le metriche usate dai singoli Stati sono disomogenee; le ragioni concrete  sono molte, ma quella che incide di più sul numero dei “contagiati” è la diversa disponibilità di strumenti diagnostici: sono spesso mancati i reagenti per fare i “tamponi”, prima diagnosi dell’attacco del corona virus;
  • mancano all’appello i contagiati e i morti “in casa” e nelle RSA (enti e luoghi per le case dedicate agli anziani),
  • non si conosce, a livello statistico, la stratificazione dell’epidemia, poiché non è stato condotta una rilevazione sistematica dell’epidemia; detto in altre parole non sappiamo quanti siano:
    • i portatori asintomatici: possono essere contagiosi, a seconda dello stadio di avanzamento dell’infezione,  ma non dimostrano i tipici sintomi (rialzo della temperatura, tosse, difficoltà di respirazione) della patologia;
    • i contagiati: conosciamo solo quelli che vengono ricoverati in ospedale;
    • i guariti (sia asintomatici, sia usciti dagli ospedali): non c’è alcuna diagnostica sull’intera popolazione (fattibile con i test sugli anticorpi); conosciamo solo i “guariti” dimessi dagli ospedali.

Molti specialisti e istituti di ricerca chiedono che questa analisi epidemiologica (che sarebbe statistica, cioè condotta su di un campione rappresentativo della popolazione e per “area” geografica) venga fatta con una principale finalità: conoscere, a livello geografico, il rischio di contagio e la situazione “statistica” della epidemiologia

I numeri stimati

Se non possiamo credere al 100% ai numeri consegnatici dalle istituzioni e da enti privati, allora quali sono i numeri a cui riferirci?

La domanda è legittima. Le risposte sono diverse: si tratta di risposte “stimate” perchè si adottano dati e criteri di calcolo soggettivi.

Le mie scelte sono le seguenti e riguardano:

  • il numero di contagiati;
  • il numero dei morti.

Per quanto riguarda il numero di contagiati utilizzo le stime di specialisti del settore Salute, come virologi, direttori di istituti di ricerca, scienziati, ricercatori: il fattore moltiplicativo, da applicarsi al numero di contagiati contati dagli Ospedali, varia tra 10 e 30.

Scelgo il valore intermedio, cioè 20, per cui la stima che faccio è di circa 76 milioni di contagiati nel mondo.

Per quanto riguarda i morti posso usare la ricerca[5] fatta da Milena Gabanelli, apprezzata giornalista, che ha messo a confronto i numeri dei morti nei mesi di marzo e aprile 2019 con quelli del 2020; la differenza è stata attribuita al corona virus e può variare dal 30 al 100% rispetto ai numeri segnalati ufficialmente dagli Ospedali.

Ho scelto il parametro 49% (vedasi anche la tabella 2) per cui il numero di morti che stimo, a livello mondiale, è 392.000.

Tabella 2 – Fonte Corriere della sera, Milena Gabanelli

Questi dati “stimati” si riferiscono al 6 maggio 2020.

Si tratta di piccole o grandi differenze? A voi lettori la valutazione: ciò che volevo evidenziare è che non abbiamo oggi una “metrica” ufficiale che includa e rappresenti tutto il fenomeno. Ci sono spazi di miglioramento in un contesto che NON ci offre una lettura completa dei fenomeni. Ne possiamo tenere conto e chiedere alle attuali “governance” sistemi di misura omogenei, trasparenti e completi.

Nel futuro vedremo numeri più alti, in funzione dello sviluppo della pandemia.

La strategia di contrasto al corona virus

Come si sono comportati i diversi Paesi a fronte della sfida corona virus? Questa è la domanda.

Nonostante le grandi “unioni” di Paesi (es. Unione Europea e USA), i comportamenti sono stati i più diversi. C’è tanto da fare per far crescere la collaborazione e lo scambio d’informazioni, anche se dobbiamo considerare la complessità di sistema, a cui quasi nessun governo era preparato con l’idonea strumentazione, di pensiero e d’azione collaborativa.

Qui di seguito un “assaggio” di confronto tra Paesi.

La mia seconda riflessione riguarda la strategia di contrasto al virus:

– solo la Corea del Sud ha attuato la strategia vincente, quella della rapidissima ed efficace azione selettiva sui focolai d’infezione, mentre tutti i Paesi hanno adottato una strategia NON selettiva, ma estesa a tutto il territorio, con piccole differenze attuative a livello locale;

– la Germania è stato il Paese più rapido ed efficiente nel contrastare il contagio e nella cura delle persone contagiate.

Gli Stati hanno mostrato, in generale, due problemi:

– bassa velocità di risposta, come se il contagio non fosse stato intercettato in tempo (effetto “sorpresa” o incompetenza?),

– resilienza ridotta o impedita da politiche sanitarie di prevenzione fondate sui tagli di spesa e NON sui rischi, peraltro segnalati dalla comunità di ricercatori e medici (effetto “arriva il lupo” o incapacità della politica ?)

Il quadro non è però completo se non portiamo dentro alla lettura di sistema alcuni fattori che riguardano i “decisori”, quelli cioè a cui la popolazione ha delegato, attraverso le elezioni, la “governance”. Provo ad elencarli:

  • i comportamenti di governance della salute sono di breve termine, di solito un anno; il lungo termine, come 5-20 anni, non è stato mai pianificato, forse mai pensato, anche se gli stimoli esistono, come l’agenda ONU 2030 e i programmi della Unione Europea che si spingono al 2050 per alcuni temi (sostenibilità in primis),
  • i problemi tradizionali di deficit di bilancio, le regole della comunità di appartenenza (vedasi Unione Europea); la scarsa esperienza nelle scelte di “precauzione”; la grande incompetenza sui sistemi “biologici”: tutti questi fattori hanno concentrato l’attenzione soprattutto su fatti e problemi che vivono nella “attualità”, come la tassazione, gli incentivi, le politiche per l’occupazione.

Possiamo o dobbiamo “assolvere” la classe politica? Ognuno può pensarla a modo suo, ma abbiamo gli strumenti per valutare; ne ho scelti due:

  • capacità di relazionarsi con la comunità scientifica e di accogliere la loro “lettura” del problema, sia prima, sia durante l’epidemia; il Governo italiano attuale, a mio avviso, ha fatto la scelta giusta, quella di integrare gli scienziati e gli enti più autorevoli nel processo di analisi e di intervento sull’epidemia;
  • capacità di chiedere alla popolazione un impegno di “contrasto al corona virus” attraverso il “lockdown”: alcuni, come il governo italiano, ha adottato una strategia di alta intensità e durata; altri come il governo olandese di aperto contrasto alla scelta mondiale di lockdown, immaginando una impossibile “immunità di gregge”; altri ancora, come il governo USA hanno ignorato l’epidemia per poi ritrovarsi, in casa, un dramma di proporzioni enormi, e decidere di dare priorità all’economia, rispetto alla tutela della vita dei propri cittadini. 

La sfida del cambiamento di contesto

L’attuale “governance” dei Paesi è condizionata soprattutto dall’economia. Cito i fattori economici sui quali c’è più dibattito e più attenzione: l’occupazione (dovrei dire, oggi, la disoccupazione, che cresce nella maggior parte dei Paesi); il fabbisogno finanziario, espresso col parametro “deficit di bilancio”; l’impatto della tecnologia digitale sul lavoro e sul comportamento sociale.

In questo quadro economico ci sono due “sfide” alle quali viene dedicata un’attenzione che potrei definire “marginale”. Il termine marginale NON significa che la società e i Governi non se ne occupano, ma che questi NON ne riconoscono  consapevolmente gli impatti ed i rischi, e soprattutto, non hanno consapevolezza sul lungo termine; sembrano cioè delle sfide fuori controllo perchè vale, secondo me, il principio che “l’energia segue l’attenzione”. Detto in altre parole: se non dò attenzione alla sfida, allora NON agisco e non dò l’energia (competenze, scelte economiche, regole, ecc.) necessaria e congruente col rischio. Quale rischio? la sopravvivenza degli umani.

Le sfide, dicevo, sono due.

La prima è quella “biologica” che nasce dalla struttura organica della Terra. Gli umani, la fauna, la flora, i funghi vivono il processo detto di “evoluzione” da quasi un miliardo di anni e si replicano. L’aria, come la conosciamo oggi, col suo 21% di ossigeno, si è formata circa 2,4 miliardi di anni fa, grazie ai ciano-batteri.  Inoltre questi “replicanti” sono in interazione sempre e ovunque. Costituiscono sistemi complessi e pertanto una gran parte degli effetti delle loro interazioni sono imprevedibili.

Il corona virus è un ottimo esempio. Il corona virus faceva parte del sistema animale ed è passato all’uomo alla fine dell’anno 2019. La lista dei “patogeni” già agenti sul sistema biologico terrestre è piuttosto lunga e l’OMS può elencarli.

La seconda sfida è detta “sostenibilità” ed è oggi rappresentata da una tripletta di sfide: ambientale, sociale ed economica. Quella ambientale è la più nota e si esprime con termini quali: emergenza climatica, emissioni nocive nell’aria e nelle acque, contaminazione delle risorse naturali con elementi dannosi per la salute, raccolta differenziata dei materiali di scarto, efficienza energetica, energie rinnovabili.

Quella sociale si esprime come “la nuova schiavitù” delle persone (es. emigranti che lavorano senza diritti, lavori ad alto rischio senza precauzioni) e il diverso trattamento normativo, sociale ed economico dei generi.

Quello economico riguarda la mancanza di consapevolezza dell’allocazione delle risorse finanziarie sul lungo termine, per cui i Paesi agiscono soprattutto sui valori materiali, il PIL in primis, e NON pianificano su orizzonti temporali lunghi; infatti non esistono piani a 30-50 anni, né ricerche e analisi di lungo termine sui contesti, sulle tecnologie, sui sistemi di governance.

La mia terza riflessione riguarda perciò il cambiamento di contesto. I decisori hanno dato poca attenzione alla sfida “biologica”, come se essa si trovasse fuori dal perimetro di osservazione e d’interesse; come se un rischio, appunto quello “bio”, fosse stato ignorato e trascurato.

E’ urgente, direi vitale, che la biologia venga posta al centro dell’attenzione dei Paesi, della governance, della società umana. Il corona virus ci dovrebbe aver “svegliato”: ecco perchè lo considero “l’opportunità” contemporanea più rilevante.

La sfida dell’Economia

Oltre alle due sfide connesse alla natura della Terra, e cioè biologia e sostenibilità, dobbiamo aggiungere una sfida che nasce dalle convenzioni che gli umani si sono date per lo scambio di beni e di servizi: l’economia.

Ci vogliamo e dobbiamo porre la domanda chiave: cambierà l’economia per effetto del corona virus? E se la risposta è SI’, allora come cambierà? Sarà la resilienza a risolvere o servirà un cambiamento radicale del sistema economico? Come potrà cambiare la vita degli umani?

Qualunque fosse la risposta, dovremmo essere davvero prudenti nell’accoglierla! Il sistema nel quale viviamo è complesso per diversi motivi: non conosciamo la “natura” della Terra a sufficienza; non pensiamo per sistemi ma ancora ragioniamo in modo lineare quando, invece, i sistemi dentro ai quali viviamo sono NON lineari (cioè con effetti imprevedibili).

La scelta che vi propongo è semplicemente quella di “vedere” le possibilità che si rivelano oggi a fronte di una perturbazione che tutti abbiamo sotto gli occhi: il corona virus. Le fonti a cui mi sono rivolto, per capire, dicono che:

  • dovremo convivere col corona virus per un periodo di almeno due anni, sino alla comprensione della sfida che ci ha posto e sino alla creazione dei presidi sanitari per contenerla o eliminarla (farmaci, vaccino, strumenti diagnostici e di monitoraggio);
  • l’impatto sulle economie del mondo sono le peggiori mai viste e sono paragonabili ai grandi eventi negativi del passato, come la grande depressione del 1929 in Usa, come le maggiori pestilenze (la peste, la spagnola, l’asiatica);
  • la dimensione globale della popolazione (circa 7,8 miliardi oggi, e in prospettiva 11 miliardi al 2100) entra nello scenario con una forza diversa rispetto al passato quando essa veniva misurata in milioni.

Vediamo qualche numero che ci dà il quadro della situazione attuale:

  • caduta del PIL annuo europeo intorno al – 7%;
  • caduta del PIL italiano nel 2020 intorno al -10%;
  • incremento della disoccupazione negli USA di circa 30 milioni di persone;
  • interventi economico-finanziari dei grandi Paesi per circa 1000-2000 miliardi di euro ciascuno,
  • scomparsa di molte aziende dallo scenario economico per due fattori, quello finanziario, quello operativo (diseconomie non gestibili per le misure di distanziamento sociale e per le precauzioni da adottare): la stima è di una perdita del 20-30% di soggetti economici attivi sul mercato.

Possiamo e vogliamo anche portare alla luce le risorse a nostra disposizione, oggi, per affrontare la sfida “bio” del e dei virus. Sono tante e potenti.

Ne ho selezionate tre che possono aiutarci:

  • la digitalizzazione: in questa attuale emergenza è utilizzata soprattutto per lavorare da remoto, in modalità che è detta “smart working”; ma essa è presente già in profondità nei sistemi operativi (logistica, produzione distribuzione dell’energia, comunicazione) e decisionali (simulazioni, ricerca, analisi di fenomeni);
  • l’intelligenza artificiale: la digitalizzazione è il fattore abilitante, ma l’intelligenza artificiale (IA) è soprattutto l’uso di algoritmi logici e matematici per definire e risolvere problemi con una prestazione superiore a quella degli umani, anche se per domini verticali ben definiti: ad esempio con l’IA si possono visualizzare gli spazi e riconoscere i soggetti/oggetti ivi presenti, e possiamo far muovere sistemi robotici in zone pericolose, non per umani;
  • la tecnologia per la trasformazione del DNA, possibile con la tecnologia CRISPR/cas9[6] che ci permette di inserire e sostituire segmenti di DNA con catene sintetiche sino a produrre “ibridi” (caso dell’escherichia coli, Cambridge, 2018)[7]

 Che cosa potremmo dunque “vedere”, osservando l’economia, nei prossimi anni? Possiamo pensare a tre scenari, piuttosto distanti tra di loro:

  • un “ritorno” al passato. Si sono trovate le soluzioni “medicali” per far scomparire il corona virus, le misure di ”distanza sociale” sono state tolte, le aziende produttive e di servizio si sono adattate durante i due anni di crisi, e continuano a immettere sul mercato i prodotti/servizi usuali; è stato un brutto periodo ma la “società” vuole tornare allo schema di consumo precedente il corona virus;
  • un “next to normal”. Si torna ad una “normalità” vicina a quella precedente, ma l’esperienza, durante i due anni di crisi, ha portato delle novità e sono emerse nuove aziende di innovatori; il lavoro da remoto è aumentato tantissimo, la ristorazione ha aperto nuovi servizi di asporto e di consegna “porta a porta”, i consumatori e gli utenti dei servizi hanno cambiato alcune loro abitudini per cui ora vanno in vacanza nei borghi storici italiani (non solo estero) e molti si sono trasferiti dalle città verso piccoli comuni, anche in zone marginali del Paese; la globalizzazione sta rallentando e alcune lavorazioni industriali sono tornate nei Paesi d’origine; l’economia sta cambiando, lentamente;
  • un cambiamento radicale. L’economia non è più la stessa: molti Governi hanno concordato di cambiare la metrica del prodotto nazionale da PIL a BES[8] (benessere equo sostenibile), la mobilità elettrica e a idrogeno stanno soppiantando la trazione termica, i consumi di servizi culturali stanno crescendo a due cifre e l’impegno per migliorare il clima ha sostenuto grandi investimenti sull’ambiente e sulla socialità.

Potete scegliere uno scenario, tra quelli proposti, o costruire una soluzione ad hoc che prenda ispirazione dai tre scenari.

Il futuro sembra imprevedibile. Ma è davvero imprevedibile? Possiamo costruirlo? SI’, questa è l’ispirazione che vorrei dare.

Conclusioni e ispirazioni

Ad oggi la costruzione del futuro sembra un esercizio, un gioco forse divertente.

C’è sullo sfondo una riflessione che vorrei esprimere qui ed ora: le sfide nei prossimi anni, e penso al 2021-2100, sono “toste” perchè le nuove abilità umane, come la trasformazione del DNA e l’intelligenza artificiale, si sviluppano in uno spazio di evoluzione mentale che non viaggia alla stessa velocità.

Gli umani dovrebbero migliorare la loro consapevolezza su almeno tre dimensioni: quella individuale, ossia quella delle loro intenzioni; quella sociale, ossia come ridurre le diseguaglianze sociali tra Paesi e tra persone; quella ambientale, perchè la Terra è uno spazio limitato e complesso, abitato da tante specie “vive e replicanti”, che è già oggi incapace di metabolizzare le emissioni nocive degli esseri viventi. E, se non bastasse, c’è anche una distanza interna agli umani, tra il loro passato e il loro futuro.

Il corona virus sta generando una riflessione in tutto il mondo.

Chi dovrebbe raccoglierla ed agire ? NOI. Gli strumenti per evolvere, cioè per cambiare il “sistema” e per capirlo ci sono.


[1] Fonte dei dati su contagi e morti: worldometers.info/coronavirus

[2] OMS: https://www.who.int/

 

 

[3] Fonte: worldometers.info/coronavirus

 

 

 

Che cosa faremo nel “dopo” virus?

Oggi è il 24 marzo, sono passati dieci giorni dal mio ultimo post e il mondo è cambiato ancora una volta, profondamente.

La situazione attuale è caratterizzata da questi elementi:

– siamo in piena pandemia, oramai tutto il mondo è infettato;

– i Paesi più sofferenti per quantità di casi di contagio e morti sono la Cina, l'Italia, gli Stati Uniti; il luogo più infetto del mondo è l'Europa;

-gli infettati superano i 360.000, ma sono solo quelli sottoposti a tampone e trattati medicalmente; si stima che gli ulteriori infettati siano 10 volte quelli riconosciuti, ossia 3,6 milioni; 

– le persone bloccate in casa per tentare di "spalmare" gli effetti del virus su di un orizzonte temporale più ampio sono oltre 1 miliardo; 

– tutti i Paesi, con l'eccezione dell'Olanda, ha preso misure drastiche di "separazione sociale" ossia "io resto a casa", detto anche "lockdown".

Il mondo sta reagendo con disposizoni restrittive delle libertà personali; ma sta anche mantenendo e difendendo la capacità di due filiere chiave: quella medica, quella logistica del cibo. Per farlo davvero deve mantenere una struttura produttiva e distributiva complessa che va oltre il medicale e la logistica del cibo; ad esempio è necessario tenere aperte e funzionanti alcune funzioni pubbliche e private, come le istituzioni di governo (il Governo, il parlamento, gli uffici regionali e comunali), le attività di supporto tecnico come le aziende che riparano e manutengono gli impianti, le aziende che producono e assistono i prodotti digitali, che sono diventati indispensabili per tenere viva la struttura economica. Si stima che il 30% delle attività produttive siano attive. Insomma una "riduzione" enorme delle attività umane, la maggior parte delle quali ora si svolge nelle abitazioni, spesso in isolamento individuale o familiare.

Lo scenario è apocalittico, ma la società è ancora attiva e produttiva, ora con due scopi chiari: sostenere la sopravvivenza e lottare per vincere il virus, perlomeno nei suoi effetti di breve termine (i prossimi 6 mesi). 

Che cosa sta succedendo alle persone? La consapevolezza del nuovo "status" umano sta crescendo, anche se una larga fetta della popolazione, dominata da paura e angoscia, sembra rifiutare la situazione attuale: così abbiamo visto 100.000 milanesi scappare verso il Sud Italia per tornare alle famiglie di origine o per isolarsi in un territorio a più basso tasso di contagio e vediamo ancora migliaia di persone che sembrano non accorgersi delle disposizioni del Governo e si muovono a lunga distanza dal proprio domicilio o si assembrano in riunione e feste. Le sanzioni sinora cumuilate per comportamenti scorretti sta raggiungendo la quantità 100.000, dimostrando che il fenomeno è significativo.

Ci dobbiamo chiedere se qualcosa stia cambiando nel "sistema comportamentale" delle persone che rispettano le nuove regole di distanza sociale. I cambiamenti che queste vivono oramai da due-quattro settimane sono tanti ma possiamo ricondurli a  questi tre:

– riduzione dello spazio entro cui muoversi, ossia la propria casa e lo spazio esterno per una passeggiata o per attività pseudo sportiva; 

– misure di sicurezza diffuse: dall'uso della mascherina protettiva alle code per l'acquisto di beni di prima necessità; 

– un bombardamento continuo 24/24 ore da parte dei media televisivi e "social" con dati, bollettini, istruzioni.

Il cervello di queste persone (il 70% della popolazione; ipotizzo un 30% insensibile o auto diretto su altri temi e stili di vita) è in corso di trasformazione; con "cervello" intendo l'hardware, la fisicità.

La mente (il processo del pensare) è anche in trasformazione, nel senso che le condizioni esterne e le riflessioni interne producono pensieri diversi, emozioni diverse, percorsi mentali diversi. 

Le relazioni con gli altri sono cambiate e cambiano: ora sono molto più focalizzate sul sè e sulle persone con cui conviviamo, ossia la famiglia; e poi si stanno aprendo nuove esigenze, come quella di connettersi con "gli altri", come gli amici e le persone con cui scambiare qualcosa, dalla sicurezza al come impiegare il tempo, al "dopo" pandemia.

Possiamo ora porci questa domanda: come sarà la nuova normalità nel "dopo" virus? Gli umani hanno una grande energia di resilienza e vivono anche per il proprio futuro. 

Mi faccio aiutare da Mc Kinsey, accedendo ad un metodo che viene esposto in questo articolo intitolato " Beyond corona virus: the path to the next normal": https://www.mckinsey.com/industries/healthcare-systems-and-services/our-insights/beyond-coronavirus-the-path-to-the-next-normal?cid=other-eml-alt-mip-mck&hlkid=57493764e69749faa0353eee4776292f&hctky=2324759&hdpid=b431aa82-3d5c-40f5-b141-ffe9ad89e4d7 

Ci sono questi cinque passi, che ora elenco e che poi sviluppo:

  1. risolvere,
  2. "resilienziare" (usare la resilienza)
  3. ritornare,
  4. re-immaginare,
  5. riformare.

RISOLVERE: che cosa abbiamo fatto o stiamo facendo per far fronte al cambiamento in atto?

Le azioni immediate sono avvenute in tre settori dell'economia e delle relazioni sociali:

– la SANITA': aumento delle infrastrutture (terapia intensiva in primis), aumento della capacità di assistenza ai malati (più medici, più ore di lavoro, più infermier*), aumento della sicurezza per gli operatori sanitari;

– la SCUOLA: insegnamento ed apprendimento da remoto; sospensione delle "classi", tutti a casa, studenti e maestr*/professor*; 

– il BUSINESS: lavoro da remoto, diradamento e poi annullamento di incontri in presenza; selezione della attività per la sopravvivenza e la cura.

Che cosa ci porteremo nel "dopo"? sicuramente la remotizzazione di studio e lavoro, grazie alla digitalizzazione della video-conferenza. E poi una ristrutturazione di capacità produttiva nel settore della Sanità…avremo altre sfide biologiche; maggiori investimenti nella prevenzione e cura delle sindromi conosciute e sconosciute?

 

"RESILIENZIARE": come ci adattiamo e come affrontiamo la crisi finanziaria per vivere l'emergenza di oggi e prepararci al "dopo"?

La crisi finanziaria, dietro l'angolo, è la maggiore minaccia. Il PIL e la occupazione sono sotto attacco, già oggi. Anche se le istituzioni finanziarie mondiali si sono già mosse (BCE europea, FED americana, Banca Mondiale) non è ancora chiara la strategia di intervento sui mercati. La resilienza, cioè la capacità di adattamento al contesto, è la risorsa che ci permetterà di agire nella direzione giusta, sul breve termine: sopravvivenza, relazioni sociali, gestione dell'economia dipendono dalla resilienza.

E' il "ponte" verso il "dopo": disponiamo di una grande resilienza che ci traghetterà quindi nel "dopo".

 

RITORNARE: quale percorso faremo per "ritornare" ad una situazione normale, ad una operatività che permetta un equilibrio tra costi e ricavi? e questo vale per gli individui e per le organizzazioni.

E' la sfida che viene facilitata da un'alta resilienza, oggi disponibile; è la riprogettazione dell'economia del "dopo". E' il viaggio che dobbiamo fare per raggiungere un nuovo equilibrio economico globale e locale. Essendo un viaggio è un "processo", non ancora un risultato. Come sarà questo viaggio? Sraà un viaggio che NON potrà contare su esperienze simili e vicine al nostro tempo, quindi sarà segnato da un'alta incertezza, da prove-prototipi, alcune false ripartenze, e un lento consolidamento di nuove pratiche, sia di comportamenti individuali, sia di comportamenti e strategie delle organizzazioni.

Non sarà certo una "replica", ossia NON sarà un ritorno al passato, come se nulla fosse successo. Un esempio per farmi capire: il lavoro e lo studio da remoto rimarranno e si consolideranno, come base per cambiare i sistemi produttivi e quelli scolastici.

RE-IMMAGINARE: quale situazione vorremo ricreare nel "dopo" virus? immaginiamoci come la vorremmo e come la perseguiremmo.

Vedremo una nuova domanda del mercato, perchè ci sarà stata una modifica dello stesso "cervello" degli umani, visto che il confinamento in casa per settimane, la paura del contagio, la modifica dei ricavi individuali e aziendali, avranno creato nuove connessioni, accelerato e rallentato i pensieri, modificato i processi mentali di moltissime persone. Che cosa ci serve per descrivere ciò che vogliamo sia la "situzione futura"? Desideri o esigenze concrete di breve termine ? Sarò soprattutto, amio avviso, la capcità di immaginarci questo prossimo futuro, questo futuro possibile e fattibile. Qualche esempio di futuro possibile? Maggiore e migliore uso della comunicazione da remoto e migliori servizi web e comunità social; minore globalizzazione e maggiore localizzazione o, come s'usa dire, sviluppo di soluzioni "glocal", bilanciate per ridurre i rischi e gli effetti di un collasso della globalizzazione, come stiamo sperimentando oggi nel "durante virus". 

 

RIFORMARE: l'economia del mondo, nel "dopo", cambierà e ci saranno riforme sostanziali. Quali saranno le riforme possibili e probabili?

La parola "riforma" significa mettere mano al "sistema", alle grandi regole e strutture,siano esse pubbliche o private. Stiamo sperimentando gli egoismi individuali e  delle Nazioni, come le generosità. Non potremo però nel futuro accettare le condizioni di elevato rischio individuale e nazionale che viviamo oggi; qualche esempio: la mancanza delle mascherine per proteggerci dal virus, perchè non c'è produzione locale in Italia;  blocchi e sequestri di mascherine medicali, attuate da nazioni attraversate dal flusso di materiale in export/import. 

C'è la possibilità che l'intero modello di sviluppo economico possa essere soggetto a profonde riforme, perchè la domanda sarà diversa da "ieri". Nessuno sa oggi, però, se e come cambierà! Quale sarà l'evoluzione, il punto di arrivo è davvero imprevedibile: questo significa per tutti una grande opportunità, quella di "costruire" il futuro. Che sia, questo futuro possibile, sostenibile per l'ambiente, per l'ambiente, la società e l'economia!!! Vedi anche questo articolo sull'inquinamento ai tempi del corona virus: https://www.ilpost.it/2020/03/17/coronavirus-inquinamento-emissioni/

 

 

 

 

 

 

 

Corona virus (il 14 marzo 2020)

II corona virus ha una data d'inizio per ognuno di noi, anche se le prime notizie sui media risalgono a dicembre 2019 quando il governo cinese lancia l'allarme. Oggi è il 14 marzo 2020 e la Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato ufficialmente  – da 11 marzo, la pandemia, cioè l'epidemia estesa a tutto il mondo:

http://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioNotizieNuovoCoronavirus.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=4209

Per me il virus ha una data d'inizio, il 20 febbraio 2020, quando sono a Milano per partecipare ad un evento organizzato da AMI, SOSLOG – associazione di logistica sostenibile, e dall'università Bicocca: una serata di musica, canto e disegni di sabbia condotta dal maestro Beppe Vessicchio durante la quale si dialoga col pubblico, circa 200 persone nella sala di Finarte a China Town in Milano. Il tema è la plastica mono-uso e la sfida che la plastica ha creato negli ultimi 60 anni: mari di plastica nei mari e nanoparticelle di plastica nella carne dei pesci.

Questa coincidenza, plastica e virus, ha qualche significato, che ognuno può dare: la mappa non è affatto chiara, ancorchè gli effetti del virus stiano creando un panico diffuso in tutto il mondo e i Governi agiscano con velocità differenti, quasi increduli per ciò che sta accadendo.

Io sono a Milano il 20 febbraio, partecipo al concerto, dormo a China Town nell'unico albergo, il Leonardo. Sono consapevole che il virus c'è e che si sta diffondendo e non sono preoccupato.

Cambiamo scena: oggi è il 14 marzo, è sabato, il mondo mi appare più che diverso, quasi precipitato in un caos di cui c'è consapevolezza solo nei paesi che hanno deciso una "quarantena" vera, cioè tutti a casa, con l'obbligo di starci e di muoversi solo per casi di necessità: lavoro, se proprio dobbiamo essere presenti, altrimenti c'è il lavoro da remoto (tutti lo chiamano smart working o "lavoro agile"); procurarsi il cibo, i negozi di alimentari sono aperti e riforniti. Il panorama è questo: strade quasi deserte nelle grandi città del Nord Italia, polizia e carabinieri e talvolta esercito che ci fermano per verificare se c'è una ragione plausibile, tra le due che ho citato, per trovarsi in strada, altrimenti scattano sanzioni economiche e penali, sino all'arresto, un vero e proprio coprifuoco.

Sto sognando? E' arrivato il "day after"? la realtà supera la fantascienza? Ho paura? Sono preparato per "stare a casa" e muovermi solo per necessità vitali? Io abito a Genova e dalla mia casa posso vedere il mare: è cambiato qualcosa nella natura o è solo un periodo di trasformazione sociale che sta raggiungendo tutta la popolazione mondiale?

Sono solo alcune delle domande che mi pongo. Ora voglio ricordare alcuni fatti, giusto per tornare ad una realtà "normale" che sembra un'ombra in lontananza.

Allora guardo con una mente cognitiva e razionale, alcuni fatti.

La Cina è uscita dall'incubo della epidemia: dopo un contagio prossimo a 100.000 persone, i nuovi casi di contagio sono oggi di qualche unità al giorno, dai picchi di qualche migliaio, e sono confinati nella provincia del Wuhan, che conta circa 62 milioni di persone. La quarantena è iniziata a gennaio ed è stata molto stretta, anzi totale. La mortalità non sembra essere "alta", come quella di una epidemia quale la SARS o l'EBOLA. I calcoli dicono che la mortalità è inferiore al 3% e che le classi di età più colpite sono quelle oltre gli 80 anni, che hanno un tasso del 15% di mortalità. I giovani, intendo da zero a 25 -30 anni, sembrano immuni, perchè i casi di contagio sono di fatto assenti.

L'Italia è il Paese subito dopo la Cina con oltre 17.000 contagi e oltre 1000 morti. Supera e distanzia due Paesi ad alto contagio: Corea del Sud e Iran. 

I paesi europei hanno negato, sino a qualche giorno fa, la rilevanza del fenomeno; da ieri stanno reagendo con azioni dure e talvolta assurde: chiusura totale delle frontiere (come la repubblica Ceca), chiusura delle attività pubbliche (la Francia), indifferenza e misure blande (Gran Bretagna). La Commissione europea assicura un aiuto totale ed incondizionato all'Italia; ieri un volo aereo dalla Cina ha portato in Italia aiuti medicali per oltre 30 tonnellate ed una equipe medica per consigliare la Sanità italiana su farmaci, protocolli, sicurezze finalizzate alla cura e alla prevenzione della diffusione del contagio. Gli Stati Uniti, dapprima scettici e contrari a qualsiasi riconoscimento della epidemia, da ieri hanno proclamato lo stato di emergenza nazionale massimo e auto-esaltano le loro presunte capacità di affrontare la sfida. Oramai oltre 100 Paesi sono in emergenza.

Possiamo fare il punto? Ci provo.

Il virus la cui forma è oramai ben nota:

si replica attraverso il suo RNA (non ha un DNA) e attacca i polmoni, provocando una polmonite "interstiziale" che conduce alla morte i soggetti che hanno già altre sindromi (esempio: cardiocircolatorie) e un sistema immunitario debole o compromesso.

Si propaga soprattutto attraverso l'emissione di goccioline di uno starnuto o di un forte raffreddore da parte di soggetti contagiati; spesso questi soggetti sono "asintomatici", cioè hanno sviluppato la malattia, non si ammalano, producono anticorpi, e trasmettono il virus. I virus hanno, all'esterno del corpo umano, una vita brevissima, da qualche minuto a qualche ora e possono essere rimossi facilmente dalle superficie di oggetti con una disinfezione a base di alcohol e cloro. 

Pur nella emergenza abbiamo questa fortuna: il virus è "contenibile". COME? Attraverso la "distanza sociale" di almeno un metro; la quarantena in casa è la soluzione che il nostro Governo Conte ha adottato per l'Italia e che terminerà, almeno in una prima fase, il 25 marzo 2020.

Le altre misure di contenimento, a livello individuale ed organizzativo, sono:

– lavarsi spesso (e bene) le mani; 

– stare in casa per la quarantena; 

– lavorare con le protezioni adeguate, ossia con apposite mascherine e talvolta guanti; 

– sanificare le superfici di lavoro almeno giornalmente.

Come andrà a finire: è la domanda che mi pongo.

Voglio esaminare il "sistema", altrimenti c'è il rischio di inventarmi una mappa che mi soddifa ma che non si avvicina alla realtà.

Sistema significa che posso riconoscere alcune componenti essenziali, da descrivere e capire soprattutto nelle relazioni con le altre parti.

In primis ecco le "parti" che voglio esplorare:

il sistema medicale di cura e di contenimento: le componenti  più fragili, in Italia, sono le stazioni di terapia intensiva, limitate nel numero e nella operatività, che possono essere agite solo da "umani" altamente professionalizzati, come medici anestesisti e infermieri di terapia intensiva; è un collo di bottiglia su cui si sta intervenendo con grande energia; non abbiamo ancora raggiunto la saturazione totale delle macchine e quindi non dobbiamo fare scelte tra pazienti da salvare e pazienti da lasciare al loro destino, quindi senza terapia intensiva;

il sistema produttivo e distributivo del cibo: è fondato su catene logistiche che stanno funzionando; dobbiamo mantenerle attive e funzionanti al meglio; le catene logistiche erano invisibili, ora le vediamo in azione!

il sistema produttivo di beni: sta ancora funzionando appieno o ridotto, a seconda dei settori; 

il sistema delle relazioni tra umani: ridotto nella quantità, causa quarantena, ma migliorato nella qualità "molecolare" come la famiglia e/o le comunità di scopo, come nel caso dell'assistenza (volontariato, come esempio); 

le politiche di governance a livello Paese: le azioni decise dal Governo italiano sono eccellenti e sono riconosciute tali da istituzioni, come l'unione europea, dai Paesi, da singole persone in tutto il mondo. L'Italia sta diventando il "laboratorio" da cui imparare per decidere le migliori azioni di contenimento del virus. Molto bene, sono orgoglioso del mio Paese.

le convinzioni degli umani: c'è una grande confusione e solo pochi umani riescono a diventare consapevoli, in tempi brevissimi, dei comportamenti necessari per il contenimento del virus: "io sto a casa" è lo slogan oggi condiviso ed attuato da una maggioranza di popolazione; anch'io sono in quarantena; 

le comunicazioni dei media: sono molto rilevanti per l'impatto e per l'influenza sulle decisioni degli individui e della aziende/organizzazioni; i media costituiscono i circuiti di feedback; sono "positivi" quando amplificano i segnali; sono "negativi" quando stabilizzano i comportamenti dell'utenza; è un equilibrio tra due "canali" egualmente importanti: da un lato si deve informare e attivare l'azione individuale e organizzata del contenimento; dall'altro lato si deve trasmettere il senso "risolutivo" delle nostre azioni individuali e collettive. Posso capire quanto si debbano bilanciare e perciò quanto sia difficile, oneroso e qualche volta paradossale e soprattuuto quanto si possa errare. L'errore deve essere considerato un effetto possibile, significativo e da correggere, ma non da esecrare. L'errore è una componente ineludibile di funzionamento del sistema;l

i processi mentali- cognitivi, emozionali, istintivi, delle persone: le persone soffrono, empatizzano, reagiscono, producono pensieri razionali. Siamo esseri pensanti ed esseri che agiscono e che si relazionano con l'esterno, con altri esseri umani, altri animali, la natura. La complessità della persona è un fattore di cui posso essere sempre più consapevole; posso introdurre nel sistema "l'attore" umano e capirne i modelli di comportamento; non posso cambiare perchè me lo dice qualcuno, anche fosse l'autorità che riconosco; cambio perchè ristrutturo la mia "mente", cioè i processi di pensiero e l'azione; l'azione mi fa capire e mi aiuta a trasformarmi, ad imparare nuovi comportamenti.

Quale conclusione posso trarre? Una e nessuna ! L'avventura umana è continua e il corona virus mi sta offrendo diverse opportunità:

– capisco meglio la mia fragilità e quella degli umani: un piccolo, invisibile elemento della natura, il corona virus, sconvolge l'intera umanità;

– riconosco il bisogno profondo, strutturato, di relazionarmi con gli altri umani e possibilmente di collaborare per lenire la sofferenza e cercare soluzioni insieme; 

– sto diventando più consapevole che la "lentezza" si può coniugare con la velocità necessaria e possibile; la velocità in assoluto non funziona bene; 

– sto intuendo che sto percorrendo una "transizione", ove rischi e opportunità sono paradossalmente congiunti; un nuovo periodo di sviluppo mi appare e diventa possibile, purchè mi metta in viaggio per una trasformazione struttale di me e del mondo intorno.

Buon viaggio!

P.S. la relazione più interessante e credibile sul corona virus e sui cambiamenti che potrebbe indurre è il rapporto Mc Kinsey, che potete leggere qui: https://www.mckinsey.com/business-functions/risk/our-insights/covid-19-implications-for-business?cid=other-eml-alt-mip-mck&hlkid=0c9161c2e2ed44079b452c62336fdc0c&hctky=2324759&hdpid=5d2d919f-402a-4cc1-bb7f-cd772a29f8d0